Articolo di Diana Cardaropoli.
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Così recita il famoso attore romano
Gigi Proietti, interpretando il ruolo di
Lucio Tarquinio detto
il Superbo, nel suo spettacolo intitolato “
i 7 re di Roma”; ma qual’era la realtà? L’ultimo re di Roma odiava veramente il suo stesso popolo?
In verità questa parte della storia resta tutt’oggi molto discussa; tutto ciò che è arrivato fino a noi, infatti, è solo una ricostruzione molto più tarda rispetto allo svilupparsi degli avvenimenti, che si datano tra il 535 e il 509 a.C..
A narrare delle vicende della Roma dei Tarquini, saranno storici come
Tito Livio con la Storia di Roma e Dionigi di Alicarnasso nelle Antichità romane, vissuti però nella prima età imperiale.
Ma veniamo alla leggenda:
figlio di
Tarquinio Prisco, sposato con la prima figlia di
Servio Tullio, non esitó ad ucciderla per poter convolare a nozze con la seconda figlia del re Tullia Minore, simile a lui per ambizione e malvagità.
Un giorno infatti, racconta Tito Livio, Lucio Tarquinio si presentò nella Curia di Roma e sedendosi sullo scranno del suocero, ne rivendicò i poteri regali, accusandolo di essere un usurpatore del trono dei Tarquini.
“Servio, avvertito da un trafelato messo, sopraggiunse durante il discorso, e improvvisamente dal vestibolo della Curia gridò a gran voce: “Che vuol dire cotesto, o Tarquinio? E con quale audacia osasti, me vivo, adunare i Padri e sederti sul mio seggio?”
Lo scontro tra le due diverse fazioni fu inevitabile e Tarquinio dopo esser riuscito a far uscire dal Senato il vecchio re, lo spinse giù per le scale. Servio ferito, ma ancora vivo, fu finito dalla stessa figlia, Tullia Minore che lo travolse con il cocchio.
E’ così che inizia la storia dell’ultimo re di Roma, che di li a poco, con la forza e senza né l’approvazione del popolo romano, né di quella del senato, si farà incoronare re, creando un regime totalmente diverso da quello del suo predecessore, un sistema cioè tirannico e violento, che gli varrà il soprannome de “il superbo”.
Se da un lato fu un uomo considerato spietato, dall’altro sono le stesse fonti a tessere le sue lodi per quel che riguarda le sue capacità militari e politiche; durante il suo regno Roma vide non solo una grande espansione commerciale, ma uscì anche vincitrice dalla lunga lotta contro la popolazione dei
Volsci, vittoria che portó alla città una quantità notevole di risorse, grazie alla quale Tarquinio poté terminare la costruzione di quelli che ancora oggi sono noti come due dei più importanti simboli di Roma, la cloaca maxima e il tempio di Giove Ottimo Massimo. Dice sempre Livio:
“
Tarquinio vendette il bottino ricavato dalla guerra contro i Volsci e con i quaranta talenti d’argento ricavati concepì la costruzione di un tempio di Giove, le cui dimensioni sarebbero state degne del re degli dei e degli uomini, nonché della potenza romana e della sua stessa posizione maestosa “.
Nonostante il re avesse portato anche giovamento alla città, il risentimento nei suoi confronti non si affievolí, anzi si insinuó anche tra i membri della sua stessa famiglia. Durante l’assedio di
Ardea, i membri più illustri dell’esercito, tra cui
Sesto Tarquinio e
Lucio Giunio Bruto, rispettivamente figlio e nipote del re, furono invitati a banchetto nella casa di Lucio Tarquinio
Collatino. Ad accoglierli, i soldati trovarono la moglie del padrone di casa,
Lucrezia, donna di grande bellezza e altamente rispettosa dei costumi romani dell’epoca. Di costei si invaghí il figlio del re, Sestio, che quella stessa notte,
introducendosi di soppiatto nella stanza di lei, non riuscendo a sedurla, la violentó.
Il mattino seguente la donna non riuscendo a trattenere il segreto confessò l’accaduto al marito. É di nuovo Livio a narrare l’accaduto:
“
Nel tuo letto Collatino ci sono tracce di un altro uomo. Solo il mio corpo é stato violentato, il mio cuore é puro e te lo proveró con la mia morte. Ma giuratemi che l’adulterio non rimarrà impunito” .
Nonostante presenti la rassicurassero sulla sua non colpevolezza, ella non potendo sopportare un tale disonore, prese un’arma, che precedentemente aveva nascosto sotto la veste, e se la piantó nel cuore, uccidendosi all’istante.
Alla scena assistettero
Publio Valerio Publicola e
Lucio Giunio Bruto, i quali, già pieni di risentimento verso il re e i suoi familiari, non esitarono ad unirsi a Collatino e insieme a questi gridare vendetta.
Fu proprio Bruto a parlare al popolo e ad invitarlo alla rivolta contro i Tarquini. Tutta la famiglia del re fu costretta alla fuga dalla città, trovando rifugio nella vicina città etrusca di Cerveteri. Da qui il re tentó di riprendere il potere alleandosi dapprima con Porsenna e successivamente alle città avversarie di Roma, ponendosi addirittura al comando dell’esercito. A questo proposito non possiamo non riflettere sul fatto che, seguendo lo svilupparsi degli eventi, così come narrato dalle fonti, Tarquinio doveva esser ormai un uomo piuttosto anziano e forse, non più molto atto ad affrontare un evento bellico in prima persona. Continua infatti Livio:
“Tarquinio il Superbo, nonostante l’età e il fisico indebolito, si lanciò al galoppo contro Postumio (comandante dell’esercito romano), ma rimedió una ferita, e riuscì a scamparla solo grazie all’intervento tempestivo dei suoi uomini”.
Contemporaneamente a questi eventi, nell’Urbe, furono eletti dai comizi centuriati, i primi due consoli della storia, ovvero proprio Lucio Giunio Bruto e Tarquinio Collatino; il tempo dei re volgeva ormai al termine, nasceva la Repubblica.
Tarquinio il Superbo, morì a Capua, ospite nella casa di Aristodemo, tiranno della città e a questa notizia i romani, che siano essi stati patrizi o plebei, esultarono di gioia.
Ecco cosí la storia dell’ultimo
re di Roma, dalle fonti allo stesso tempo criticato ed elogiato, che a ben vedere forse, avrebbe dovuto “tollerare” maggiormente il senato e amare un po’ di più il suo popolo.
Autore: Chiara Lo Verme
Sono laureata in Scienze dei Beni Culturali. I miei studi si rivolgono soprattutto al mondo classico greco, romano ed etrusco, con in più una grande passione per l’antico Egitto.
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